“Ari’s desire” 2011 Via Veneto Jazz
- Paolo Recchia – alto & sop saxes
- Alex Sipiagin – trumpet & flugelhorn
- Nicola Muresu – bass
- Nicola Angelucci – drums
Ascolto questa musica con il sorriso sulle labbra. Ormai conosco Paolo da un po’ di tempo. Quando venne da me per una o due mie master class, in lui ho riconosciuto subito un talento, un diamante grezzo. Da allora le nostre strade si sono incrociate più volte. Di solito in qualche festival o club dove abbiamo potuto scambiare qualche battuta tra un set e l’altro. Ma era da qualche tempo che effettivamente non lo sentivo suonare.
La scorsa estate ho avuto l’occasione di ascoltarlo un paio di volte al Tuscia In Jazz Festival e sono rimasto stupefatto nel sentire quanto fosse cresciuto. Quando insegno, dico sempre che apprendere il jazz è un po’ come imparare una nuova lingua, serve memoria e capacità d’imitazione. Parlo anche della differenza tra l’essere un artista e un esecutore.
La maggior parte dei musicisti riesce a raggiungere un livello musicale per cui diventano buoni imitatori ed esecutori e questo non è un compito facile poiché richiede comunque molta pazienza, disciplina e dedizione. Ce ne sono alcuni però che passano al livello successivo, trasformando le informazioni assimilate con lo studio in un linguaggio e in un suono personale. Paolo appartiene alla seconda categoria.
Ascoltando i suoi concerti la scorsa estate mi sono chiesto più volte ‘che cosa era quello?’ e avrei voluto avere un registratore per trascrivere e analizzare in seguito quello che aveva suonato. Ho apprezzato molto gli elementi della tradizione come blues, swing, humor, insieme con un linguaggio moderno che qualsiasi sassofonista nato dopo Coltrane, Ornette, Wayne deve conoscere.
Sono stato anche lusingato per aver ascoltato in lui un po’ di me, non una copia, ma un’influenza. Aveva appreso quello che gli avevo insegnato per poi digerirlo e trasformarlo.
La musica di Ari’s Desire è un meraviglioso esempio delle capacità esecutorie e compositive di Paolo. So per esperienza quanto sia difficile andare in studio di registrazione per un disco a proprio nome, è una situazione innaturale e alquanto surreale. Durante l’ascolto, sono rimasto impressionato dal suo sound rilassato e naturale. Ho continuato a chiedermi ‘se questo è quello che può fare ora, cosa verrà fuori in futuro?’. Non vedo l’ora di sentirlo crescere e svilupparsi sempre più. E invito voi a fare lo stesso.
Rick Margitza
[mt_playlist id=”2006″]